Ho cominciato ad andare ai concerti che avevo 9 anni, a 13 ero già sotto il palco dei Redskins. Erano venuti a suonare a casa mia, a Rock'n'Umbria (il video nel link è di quella sera, il 5 luglio del 1986). Conoscevo i ragazzi più grandi che stavano all'ingresso e mentre entravo loro guardavano dall'altra parte. Crescendo ho imparato a mettere da parte qualche soldo per pagare il biglietto ma soprattutto il treno. Quando vivi in provincia puoi aspettarti solo i festival, i concerti, quelli delle grandi band, devi andarteli a cercare. Regionali di seconda classe, lo walkman con la cassetta e le cuffie rugose in testa, il biglietto stampato dal sudore nella tasca dei pantaloni. Controllavo se stava ancora lì ogni 5 minuti, ero ossessionato dal perderlo. I soldi per l'albergo non c'erano ma c'era la stazione. Firenze era tranquilla, Venezia anche, Milano un po' meno. Oggi posso permettermi di arrivare fino a Lille, nel cuore d'Europa, per vedere un concerto di Morrissey. Posso addirittura dormire in un letto d'albergo. Ma fa rabbia vedere i ragazzi che restano fuori, aggrappati alle transenne con le orecchie tese. So bene quello che si prova, è capitato anche a me, un sacco di volte, quando non avevo i soldi. I biglietti costano troppo, 40, 50, addirittura 60 euro. Colpa di band sempre più esose o dei cartelli messi in piedi dalle major della distribuzione? C'è un gruppo che su questo non ha mai avuto dubbi, un gruppo americano, di Seattle, che per non dissanguare i suoi fan ha lanciato una campagna di boicottaggio e ha portato in tribunale la Ticketmaster, il colosso statunitense dei biglietti. Alla fine la band non ha vinto ma almeno ci ha provato e soprattutto è sopravvissuta, è ancora ''viva''. Oggi compie 20 anni. Buon compleanno Pearl Jam.
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