martedì 11 ottobre 2011

From Seattle to Sigonella

Arrivo a New York e Amanda è già qui. Mi guarda severa con i suoi occhi azzurri, glaciali, dalle prime pagine di tutte le riviste, e sono tante. Piange, ride, parla, sta zitta, cammina, sta seduta. "Amanda libera", "Amanda torna a Seattle", "L'Italia ci ripensa". In primo grado Amanda Marie Knox era stata condannata a 26 anni di carcere per l'omicidio della sua coinquilina, Meredith Kercher. La Corte d'Assise d'Appello l'ha assolta e scarcerata. Un doppio contraddittorio verdetto che negli Stati Uniti è apparso pura follia. Con un po' di invidia ricordo che per il suo caso si è mosso addirittura il Segretario di Stato americano, il ministro degli Esteri, Hillary Clinton. Un mezzo caso diplomatico. Amanda ora è ovunque, tra commenti al vetriolo che sanno tanto di pizzaspaghettiemandolino e titoloni contro la giustizia italiana. Allora penso a quella americana di giustizia. Penso alla strage del Cermis, a Silvia Baraldini, alla sedia elettrica che qui, in alcuni Stati, esiste ancora. E penso che per come la vedo io è meglio un colpevole in libertà che un innocente in carcere. "Sir!", la voce di un funzionario mi ricorda che sono all'ufficio immigrazione dell'aeroporto JFK. Devo fare in fretta, c'è la coda, ma prima di schiacciare la mano su un rilevatore ottico di impronte digitali ho il tempo per un ultimo pensiero. La mente vola a Sigonella, in Sicilia. Ma questa, mi dico, è un'altra storia. O forse no?

2 commenti:

  1. Sigonella? Un'altra era... :-/

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  2. E'la stessa storia, applicata a due situazioni diverse.
    Le interferenze statunitensi ci sono state e ci saranno sempre!

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